Dedicato alle Mamme
Officine Musicali dedica un augurio a tutte le Mamme
“Dio non poteva essere dappertutto, così ha creato le madri", recita un antico proverbio ebraico e, proprio per questa loro insostituibile importanza che ricoprono nella vita di ciascun individuo, le mamme sono divenute nel tempo anche fondamentale e piacevole argomento di ispirazione nella storia della musica.
In occasione della Festa della Mamma che, come ogni anno, si celebra nel mese di maggio, ho deciso di proporre un breve viaggio musicale attraverso alcune delle pagine più significative della musica leggera e popolare italiana dedicate proprio alle madri. Data la vastità dell’argomento, non riuscirò ad essere esaustivo ricordando tutti i possibili titoli sul tema. Sono tuttavia persuaso che la lettura risveglierà nel gentile lettore ricordi, magari sopiti, e stimolerà una personale ed intima ricerca, riscoperta ed ascolto.
Iniziamo il percorso dal verso che tutti abbiamo sentito e canticchiato almeno una volta: “Mamma son tanto felice perché ritorno da te, la mia canzone ti dice ch’è il più bel sogno per me”. È questo l’incipit di uno dei brani italiani più famosi al mondo: MAMMA, firmato dalla coppia di autori Bixio – Cherubini. La canzone venne lanciata nell’omonimo film di Guido Brignone dallo straordinario Beniamino Gigli che, nella pellicola, la canta durante una traversata oceanica, sul piroscafo diretto a casa, davanti a una folla di emigranti ammutoliti, commossi e rapiti. Il film esce nel 1941 in piena Seconda Guerra Mondiale e la canzone diventerà subito un classico internazionale che negli anni verrà incisa da molti artisti: Luciano Pavarotti, Claudio Villa, Renato Zero, Andrea Bocelli, per citarne solo alcuni.
Oltre a questo brano commovente, innumerevoli sono i titoli dedicati alla mamma scritti ed interpretati nelle varie epoche, divenuti patrimonio della nostra tradizione canora nazionale.
Il periodo d’oro per questa tematica sono sicuramente gli anni Cinquanta dello scorso secolo, momento in cui prende vita e si afferma il Festival di Sanremo. Sono anni di ricostruzione post-bellica in cui la musica leggera italiana reagisce all’invasione dei ritmi sincopati importati dagli “Alleati d’oltre oceano” con un tripudio di melodie rassicuranti in forma classica, cantate con la mano sul cuore e con voce ben impostata. Una retorica tutta incentrata tra sentimentalismi ed a volte melensi piagnistei che verrà definitivamente superata di lì a poco grazie alla forza dirompete di interpreti come Domenico Modugno. Ma è ancora presto per le novità stilistiche di quelli che saranno definiti “urlatori” e nel 1954 Giorgio Consolini in coppia Gino Latilla spopolano vincendo la kermesse canora della Riviera dei Fiori cantando: “Son tutte belle le mamme del mondo, quando un bambino si stringono al cuor”. In questo celeberrimo brano intitolato: TUTTE LE MAMME, le madri sono dipinte come delle madonne che vegliano protettive sui propri figli accudendoli premurosamente.
Il tema della mamma nella storia della canzone italiana ha tuttavia sempre avuto anche un coté ironico ed assai diverso dal sentimentalismo sdolcinato sino ad ora descritto. Di questo filone fu decisamente Natalino Otto il primo impareggiabile esponente con: MAMMA VOGLIO ANCH'IO LA FIDANZATA. Siano nel 1942 è questo motivetto swing scanzonato viene diffuso nell’etere dall’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche) diventando un grande successo capace di rallegrare la popolazione e le truppe nonostante le difficoltà della guerra.
Seguendo il filo della spensieratezza, troveremo più avanti un Gianni Morandi adolescente nel pieno boom economico con la sua dirompente: FATTI MANDARE DALLA MAMMA A PRENDERE IL LATTE (1962). Sarà poi la volta dei Ricchi e Poveri con il loro tormentone accattivante: MAMMA MARIA (1982). Seguirà nel 1989 Edoardo Bennato formato vintage con: VIVA LA MAMMA a ritmo di twist ed il giovane e disinvolto Lorenzo Jovanotti con: CIAO MAMMA GUARDA COME MI DIVERTO nel 1990.
Arriviamo al 1992 quando l’affetto verso la mamma trionfa nuovamente a Sanremo con la struggente: PORTAMI A BALLARE di Luca Barbarossa.
Anche il vastissimo e meraviglioso repertorio napoletano tributa le madri. In CONNOLA SENZA MAMMA, del 1932 e magistralmente reinterpretata da Massimo Ranieri la scena inquadra le mamme degli emigranti che piangono sulla banchina e il ritornello intona “culla (connola) senza mamma, che non può dare felicità”. Nel 1939, risponde parimenti la canzone milanese con: NUSTALGIA DE MILAN scritta da Giovanni D’Anzi e portata al successo da Alberto Rabagliati. È forse uno dei brani in dialetto milanese più noti in cui l’emigrante piange - invocando la propria mamma - il dispiacere e la tristezza che vive nell’essere lontano dalla propria città.
In questa carrellata attraverso la musica italiana, tra storie di dolore ed emigrazione, non mancano anche i figli che fremono per partire verso nuove terre in cerca di fortuna, e implorano: “MAMMA MIA DAMMI CENTO LIRE CHE IN AMERICA VOGLIO ANDAR”. È il canto italiano d’emigrazione più diffuso, a sua volta adattamento di un’antica ballata conosciuta come: LA MALEDIZIONE DELLA MADRE. La vicenda originale tratta di una madre che è contraria al matrimonio della figlia con un Re perché, l’avverte, quell’uomo è il diavolo; la figlia disobbedisce e muore attraversando a cavallo un corso d’acqua o, in altre versioni, finisce all’inferno. A fine Ottocento, con le prime spinte migratorie, la canzone si presta a raccontare il nuovo orizzonte di speranza: l’America, e le parole vengono così riadattate: la figlia vuole andare in America, la madre non è d’accordo ma i fratelli la convincono a lasciarla andare. Giunto in mezzo al mare il bastimento affonda e i suoi capelli ricci e belli vengono marciti dall’acqua del mare. Il finale contiene la morale: i miei fratelli mi hanno tradito, la verità sta nelle parole della mia mamma. Parole semplici su una melodia notissima sintetizzano i sentimenti sia di coloro che partono sia di coloro che restano, in un conflitto generazionale che si ripeterà identico durante buona parte del secolo successivo. Ma la morale è sempre la stessa e rispecchia il pensiero della generazione più anziana spaventata dal cambiamento: la conclusione infausta della storia è infatti un monito per i più giovani a non partire perché in America troveranno solo morte. Della canzone esistono numerose registrazioni raccolte pressoché in tutte le regioni d’Italia e presso le comunità di emigrati nei cinque continenti, mentre in ambito pop l’hanno incisa fra gli altri il Quartetto Cetra, Gigliola Cinquetti e più di recente Max Pezzali con Arisa
Immancabile in questo viaggio musicale, uno sguardo sulla canzone d’autore, che alla mamma ha dedicato pagine bellissime, prive di qualsivoglia forma di retorica. Nel 2000, Carmen Consoli in: IN BIANCO E NERO, guarda una foto di sua madre a tre anni, e poi a venti e si rammarica di non averle parlato di sé. Era invece il 1990 quando Zucchero Fornaciari invocava: “mama, salvami l’anima” nella sua bellissima: MADRE DOLCISSIMA. Anche la lontananza dalla madre è un tema ricorrente in molte canzoni d’autore, fra le quali è fondamentale ricordare: QUELLA CAREZZA DELLA SERA dei New Trolls (1978). Più rara ma dirompente è invece l’immagine della madre che piange il figlio morente, una su tutte quella di Fabrizio De André in: TRE MADRI, dallo straordinario LP La Buona Novella (1970) dove la figura della Vergine Maria viene dipinta nei suoi tratti più umani, uguali a quelle di tutte le mamme.
Non tutti i brani dedicati alle madri, infine, palesano nel testo l’adorata destinataria e vengono, per conseguenza, erroneamente spesso considerati bellissimi pezzi d’amore dedicati ad un partner. È il caso di: LE TASCHE PIENE DI SASSI, scritto ed interpretato da Lorenzo Jovanotti (2011). Non è l’ennesimo brano sulla straordinarietà dell’intesa con la moglie o sull’esperienza di essere padre. Questo brano, struggente, sincero e malinconico ricorda invece la madre del cantante che, con la sua scomparsa, ha risvegliato in lui il senso di abbandono provato da ragazzo quando, all’uscita di scuola, non vedeva subito la sua mamma. Anche il “ti amo ancora (I’m still loving you), forse non ci credi ma è vero” di Zucchero Fornaciari di: UNA CAREZZA (2008) non è dedicato ad una donna sedotta e delusa, bensì alla madre Rina e basta porre un po’ più di attenzione alle parole del testo per essere trascinati nel ricordo di un’infanzia fatto di dolci profumi e sensazioni che lo “segue come una carezza”. Dulcis in fundo, quella che è considerata, non a torto, una delle più belle canzoni d’amore mai scritte nella storia della musica italiana, è davvero dedicata ad “un essere speciale”. Con: LA CURA (2000), Franco Battiato ha, infatti, sfoderato il meglio della sua arte per scrivere quest’ode in onore alla madre malata di Alzheimer. L’amore incondizionato, che muove la volontà di prendersi cura di qualcuno, rende il testo del brano universale e, per questo, perfetto per celebrare qualsiasi tipo di legame affettivo, purché sia supremo.