Intervista a Josh Villa
Musica in Corso 2020 Web Version le interviste agli artisti
I Bluedust, una Bluegrass band dall'impatto visivo-acustico inimitabile quella che parteciperà all’evento del prossimo 12 aprile alle ore 21.00, MUSICA IN CORSO 2020 WEB VERSION, La Musica Non Ci Ferma. Cinque musicisti che si alternano in un susseguirsi di assoli e armonie vocali, sorretti dal suono corposo e incalzante di basso, mandolino e chitarra con le fioriture melodiche del banjo. Il tutto nel pieno rispetto musicale ed estetico della migliore tradizione bluegrass. Dalla sua fondazione nel 2011 la band, grazie al paziente lavoro effettuato nei primi due anni, ha raggiunto la fama internazionale partecipando ai più importanti Festival di Musica Bluegrass Europei (Svizzera, Germania, Olanda, Francia, Scozia).
La band è costituita da Perry Meroni (Lead voice & Guitar), Dino Barbé (Banjo), Josh Villa (Voce e Mandolino), Tony Spezzano (chitarra e voce) e Marco Cementeri (Double Bass and voice).
Chiadiamo a un componente della band, Josh Villa, di fare una chiacchierata insieme per conoscerlo meglio.
Sono Josh Villa, cantante e mandolinista dei Bluedust. Sono di Monza e mi divido tra la carriera di musicista, il lavoro in una piccola azienda artigianale e la mia famiglia. Ho studiato da giovane pianoforte e chitarra ma poi è scattato l'amore per il mandolino e il bluegrass. Se si vuol far bene il musicista non rimane molto tempo libero per altre cose. Tra lo studio, i concerti, le produzioni discografiche, l'ascolto di altri musicisti, la promozione e il lavoro sul repertorio, le giornate volano via, soprattutto per chi come me mette ancora al primo posto la famiglia che rimane l'aspetto più gratificante della mia vita. Una delle cose più complicate e che richiedono perseveranza è quella riguardante la creatività, gli arrangiamenti dei brani con i Bluedust, il lavoro sulle voci e personalmente quello di autore. Per quanto riguarda lo studio per me è sempre stato un divertimento, qualcosa che serve per acquisire sicurezza sul palco e dà serenità, è una specie di yoga delle dita, bisogna imparare a goderne quasi come per i concerti... Ho studiato per diventare maestro di scuola elementare e dopo ho preso un diploma di modellista d'abbigliamento che è tuttora quello che insieme alla musica mi consente di sbarcare il lunario. Amo cucinare, soprattutto ricette tradizionali, lombarde e Romane, visto che mia moglle è romana, e la mia famosa pizza... va beh, pizza e mandolino, non fa una piega!
Perchè hai accettato l'invito a contribuire al concerto di domenica 12 aprile?
Il concerto di domenica 12 aprile è una bellissima occasione per dire che la musica non muore in periodi di epidemia e che in questi momenti l'arte ci può veramente salvare. Quando Dario Monticelli mi ha chiamato per informarmi sono stato subito onorato di questa partecipazione, tanto che eravamo nel parco delle Groane per un servizio fotografico per la copertina del nuovo cd dei Bluedust e abbiamo deciso di filmare un paio di pezzi da regalare ad Officine musicali per questo evento speciale.
In questo periodo stiamo lavorando tantissimo sul nuovo cd che al momento è a Nashville per il processo di masterizzazione. Ci manca tantissimo il rapporto col pubblico e così ci buttiamo nel lavoro, preparando anche il repertorio per i prossimi concerti, perchè questo sia non solo un momento di crisi, ma anche una situazione che ci insegni qualcosa che ci renda persone e musicisti migliori. Il cd si chiamerà Travelin', viaggiando.... che sia di buon auspicio per il futuro.
Cosa può fare la musica per associazioni come AGRES e in genere per la solidarietà?
Uno degli aspetti che più mi piace di Officine Musicali è la sensibilità per il sociale, che è un'umanità congenita specifica di Dario e i suoi collaboratori che fa di questa associazione qualcosa di speciale e di loro degli amici sinceri. Aggiungere ad un evento una finalità umanitaria è un pò come usare un carico durante una partita a carte. E' la vera amplificazione dell'evento, cambia anche l'atteggiamento con cui il pubblico si siede sulle poltroncine del teatro e ne migliora la riuscita. Ho la fortuna di avere una sorella Suora chirurgo in Africa e di far parte di una associazione per aiutarla nelle sue molteplici attività che si chiama Abbi cura di loro onlus. A volte sono musicista in questi eventi e altre volte sono dall'altra parte della barricata come organizzatore o addirittura grazie proprio alle Officine Musicali abbiamo beneficiato di una raccolta fondi durante un Musica in corso di qualche anno fa. Vorrei sottolineare un aspetto che si tende a sottovalutare. Il discorso pragmaticamente monetario non è l'aspetto primario secondo me, è dare voce a queste associazioni, a questi problemi e a queste persone che lavorano gratuitamente per un progetto in cui tante volte si proietta una sorta di vocazione verso gli altri e i loro bisogni. Anche per noi musicisti è così, ci si sente parte di qualcosa di buono e positivo da ottenere anche tramite quello che è il nostro talento musicale, ma vale per tutti, per chi stacca i biglietti, chi prepara il palco, chi distribuisce i volantini e per le attività che sponsorizzano gli eventi, e il pubblico che diventa parte attiva di questa bella iniziativa. AGRES è un'associazione fantastica e godrà di quello che si riuscirà a raccogliere ma anche dell'affetto e della partecipazione di tutti quelli che faranno parte dell'evento e che sicuramente si ricorderanno del loro lavoro e dei loro sorrisi a fine serata.
Tu Josh hai una esperienza internazionale come musicista, cosa ti accomuna agli artisti degli altri Paesi?
La nostra esperienza internazionale è limitata al continente europeo che giriamo in lungo e in largo da una decina di anni con grande soddisfazione, soprattutto Germania, Olanda, Scozia, Francia e Svizzera che è un pò la nostra seconda patria, un pubblico che a noi piace tantissimo. Facciamo musica americana e spesso abbiamo la fortuna di aprire concerti di musicisti americani straordinari che in passato erano i nostri eroi e con cui ora dividiamo il palco.
La musica per me è un pò come la vita, in genere nel modo di affrontare il palco si capisce molto di quello che uno è anche al di fuori. I musicisti di Bluegrass americani hanno un atteggiamento fantastico e alla fine dei concerti gli alberghi si trasformano sempre in sale musica fino alle 4 del mattino, dove ci si lancia in jam session all'ultimo respiro. Noi facciamo un genere molto specifico che ha caratteristiche e un linguaggio molto precisi, di conseguenza ci si capisce al volo ed è facile condividerne il divertimento. Cerchiamo di essere molto precisi nella ricostruzione tecnica dei brani e e nella riproposizione, come sulle tecniche in modo da non risultare una specie di caricatura. A volte la gente crede che basti mettersi un cappello da cowboy per fare musica country, ma non è così. Con i gruppi europei abbiamo di buonissimi rapporti e spesso ci si auto promuove a vicenda.
Cosa è per te la bellezza che senti quando suoni e cosa piace al tuo pubblico quando ti esibisci?
La musica è un pacchetto completo a cui io non so rinunciare. A nessuna delle sfaccettature. Mi piace lo studio e la preparazione, il concerto e la conversazione col pubblico, mi piace il dopo, le amicizie che si creano e la voglia di migliorare che ti porti a casa ogni volta che suoni con qualcuno più bravo di te, a cui sicuramente durante la serata avrai rubato quel passaggio, quell'aneddoto durante la presentazione, quella scala di riscaldamento nel camerino. E poi il viaggio con la band, le risate, le avventure sul camper in paesi a volte strani e che non ti aspetti. Sempre bello e sempre utile al cuore e ai sentimenti. Penso che il pubblico senta molto la schiettezza del nostro suonare. Io suono perchè le persone passino una serata diversa dal solito, allegra, a volte con qualche canzone che gli ricorda il passato, senza tanti fronzoli un pò come farsi un panino al salame e un bicchiere di vino con gli amici, solo che quella serata la prepariamo al meglio perchè davvero quando siamo sul palco gli spettatori ci sembrano davvero tutti amici e vogliamo che stiano bene con noi.
Perchè hai deciso di prestare la tua abilità in voce e mandolino al genere bluegrass ?
Una cosa che i musicisti dicono spesso è che non scegliamo noi lo strumento ma è lui a sceglierci. Io penso sia vero. Ho sempre avuto una predisposizione per la musica americana, anche se ascolto di tutto, nella mia discoteca ci sono Jannacci, Dylan i Pink Floyd, Verdi, I Creedence Clearwater, Gaber, De Andrè, Springsteen, I Chieftains e qualsiasi cosa mi faccia stare bene, ma quando ho avuto in mano il mio primo mandolino, un mandolino siciliano con tavola ricavata da un fondo di cassetto in fòrmica ho sentito una scossa che sento tuttora con in mano il mio Northfield master model dal Michigan. E' uno strumento meraviglioso che influenza tantissimo la ritmica della band e in seguito il canto era inevitabile. Ho sempre cantato ma con la band ero più che altro il tenore nei ritornelli, ma col tempo, studiando nell'Artistschool via internet con Michael Daves mi sono ritagliato uno spazio maggiore anche come leading voice ed adesso ho davvero tante soddisfazioni. Il bluegrass è un genere molto istintivo, che richiede una tecnica precisa da cui non si può prescindere. Si rifà alle radici contadine e da ballo ed è qualcosa a cui stranamente il pubblico sente di appartenere, forse perchè anche una parte della nostra musica proviene da lì e questo per noi è un bel vantaggio, e poi è piena di storie fantastiche e di personaggi bizzarri, ma in generale, alla fine la musica è sempre meravigliosa, basta che sia fatta bene, richiede tempo, passione e attenzione, ma alla fine ripaga di tutto, sempre.